Nel corso dei secoli, fenomeni astronomici come le eclissi hanno ingenerato le più disparate credenze e superstizioni. Le normali relazioni di armonia e di corrispondenza che vigono tra macrocosmo e microcosmo sono state infatti fraintese frequentemente come rapporti immediati e necessari di causa ed effetto: in tal modo, particolari avvenimenti furono erroneamente attribuiti all’occorrenza di determinati fenomeni, anziché al verificarsi di specifiche condizioni, fossero queste di carattere generale o relative a specifiche circostanze contingenti.
All’epoca del Profeta Muhammad (ﷺ), vi era ad esempio la credenza diffusa che un’eclissi solare o lunare fosse direttamente legata alla nascita o alla morte di una persona. Al-Mughîrah ibn Šu‘bah ha narrato che, al tempo dell’Inviato di Allâh (ﷺ), il sole si eclissò nel giorno in cui morì suo figlio Ibrâhîm, e la gente attribuì dunque quest’eclissi alla morte del bimbo. Disse allora l’Inviato di Allâh (ﷺ), per correggere questa falsa credenza: «Invero il sole e la luna non si eclissano né per la morte né per la nascita di alcuno: quando assistete a ciò, pregate ed invocate Allâh». [1] E disse, secondo un’altra narrazione: «Invero il sole e la luna non si eclissano né per la morte né per la nascita di alcuno, bensì sono due tra i segni di Allâh: quando assistete alle loro eclissi, alzatevi ed assolvete all’orazione». [2]
Sayyidunâ Abû Bakr as-Siddîq (che Allâh ne sia soddisfatto) ha narrato che si trovava in compagnia dell’Inviato di Allâh (ﷺ), quando il sole si eclissò. Il Profeta (ﷺ) si levò dunque, e trascinando il suo mantello si recò fino in moschea, dove guidò un’orazione di due metanie (raka‛ât), finché il sole non fu rischiarato. Disse dunque (ﷺ): «Invero il sole e la luna non si eclissano per la morte di alcuno: quando assistete alle loro eclissi, pregate ed invocate Allâh finché l’eclissi non passa». [3]
I Sapienti musulmani hanno spiegato come l’eclissi (kusûf, o kušûf) – che dal punto di vista astronomico, come è ben noto, si verifica laddove la Luna si frapponga come una barriera tra la Terra ed il Sole, o la Terra si frapponga come una barriera tra la Luna ed il Sole – abbia la sua causa determinante dal punto di vista della Rivelazione (as-sabab as-šar‛î) nel fatto che per mezzo di essa Allâh (ﷻ) incuta timore nei Suoi servi, inducendoli a meditare sul Suo castigo ed a fare ritorno a Lui, tramite la meditazione e il pentimento. [4]
La buona condotta spirituale (adab) nei confronti dell’eclissi
Ben lungi, dunque, dal rappresentare fattori autonomi di ventura o di sventura, il sole e la luna – così come gli astri nel loro complesso – sono «due tra i segni di Allâh» (âyatân min âyâti-Llâh), che fungono piuttosto da monito o da memento, da ponderare con timore reverenziale e da accogliere approfondendo il proprio sforzo spirituale:
وَمَا نُرْسِلُ بِالْآيَاتِ إِلَّا تَخْوِيفًا
«E non inviamo i segni se non per incutere sgomento» [5]
A questo proposito, Abû Mûsâ (che Allâh ne sia soddisfatto) ha narrato che l’Inviato di Allâh (ﷺ) si levò all’eclissi del sole, temendo che potesse indicare la venuta dell’Ultima Ora, e si recò quindi in moschea, dove assolse all’orazione più lunga che il narratore avesse mai vista, e poi disse (ﷺ): «Questi segni che Allâh invia non indicano la morte o la nascita di qualcuno, bensì attraverso di essi Allâh incute timore nei Suoi servi: quando vedete dunque qualcosa relativo ad essi, ricorrete al Suo ricordo, alla Sua invocazione, ed alla richiesta di perdono a Lui!». [6]
Allo stesso proposito, Sayyidatunâ ‘Â’isha (che Allâh ne sia soddisfatto) ha narrato inoltre che l’Inviato di Allâh (ﷺ) disse: «Invero il sole e la luna sono due tra i segni di Allâh: non si eclissano per la morte né per la nascita di alcuno. Quando assistete alle loro eclissi, invocate Allâh e proclamatene la grandezza, assolvete all’orazione ed elargite dell’elemosina». Disse poi (ﷺ): «O Comunità di Muhammad! Per Allâh, non v’è alcuno più ardentemente geloso (aghyar) di Allâh, Che ha proibito al Suo servo ed alla Sua serva di fornicare. O Comunità di Muhammad! Per Allâh, se sapeste ciò che se, ridereste poco e piangereste molto». [7] Ed ordinò quindi ai presenti di chiedere rifugio ad Allâh (ﷻ), rispetto al castigo della tomba. [8]
La ritualità dell’orazione dell’eclissi (salât al-kusûf) è caratterizzata dal suo carattere prolungato, tanto nella recitazione (qirâ’ah) quanto nella durata dei suoi inchini e delle sue prosternazioni, da attuarsi con particolare ponderazione e raccoglimento. Tra le pratiche meritorie particolarmente raccomandate in occasione dell’eclissi, il Profeta (ﷺ) indicò l’elargizione dell’elemosina e la liberazione degli schiavi. [9]
Lo statuto e la modalità di esecuzione dell’orazione dell’eclissi
Secondo il consenso dei Sapienti, l’orazione dell’eclissi (salât al-kusûf) è una Sunnah confermata (sunnah mu’akkadah) – cioè un’orazione surerogatoria (nâfilah) ben stabilita nella Tradizione profetica, ed il cui assolvimento è fortemente raccomandato: dovrebbe essere assolta tanto dagli uomini quanto dalle donne, preferibilmente in congregazione (jamâ‘ah) – poiché questa era specificamente la pratica (sunnah) del Profeta (ﷺ) – sebbene ciò non costituisca una condizione necessaria, e l’orazione possa essere eseguita anche individualmente, come ogni altra orazione surerogatoria.
Il tempo (waqt) dell’orazione si situa tra l’inizio dell’eclissi ed il suo termine: laddove si manchi di compiere l’orazione durante questo periodo, per disattenzione od inavvertenza, essa non andrebbe più effettuata, poiché non ne sussiste più la ragione necessitante. Se l’orazione terminasse prima del termine dell’eclissi, non andrebbe ripetuta, e si dovrebbe piuttosto dedicare il tempo restante al ricordo di Dio (dhikr), all’invocazione (du‘â’), alla richiesta di perdono (istighfâr) o ad altre opere meritorie. Se invece l’eclissi avesse termine prima che l’orazione fosse conclusa, questa andrebbe terminata rapidamente, seppur senza una brusca interruzione né in maniera precipitosa.
Ha detto Šaykh Ibn Taymiyyah (che Allâh ne abbia misericordia):
Talora le eclissi durano per un lungo periodo di tempo, talora per uno corto, a seconda di quanta parte del sole o della luna sia oscurata: può essere oscurata l’intera superficie solare o lunare, oppure soltanto metà di essa, o un terzo [e così via].
Se si trattasse di un’eclissi totale, allora l’orazione potrebbe durare quanto tutta la lettura del Capitolo della Giovenca (Sûratu l-Baqara), od una porzione simile, da recitarsi durante la prima metania (raka‛a), mentre in quella successiva bisognerebbe effettuare una lettura più breve. Vi sono narrazioni autentiche del Profeta (ﷺ), che indicano di accorciare l’orazione poiché essa [l’eclissi] non è più in vigore. Perciò, se siamo a conoscenza del fatto che l’eclissi non durerà a lungo, o se comincia a declinare, si dovrebbe ancora pregare, ma l’orazione dovrebbe essere abbreviata [evitando cioè di dilungarsi ulteriormente nella recitazione].
Questa è l’opinione della maggioranza dei Sapienti, poiché tale orazione è prescritta per una ragione precisa, e laddove tale ragione non sia più in vigore e l’eclissi fosse conclusa, non bisognerebbe più pregare. [10]
Lo stesso Ibn Taymiyyah ha indicato come una persona dovrebbe formulare l’intenzione (niyyah) di compiere quest’orazione una volta che fosse informato della sua occorrenza da parte di una persona affidabile, e che in preparazione ad essa dovrebbe esortare se stesso a compiere buone opere e ad attenersi scrupolosamente all’obbedienza di Allâh. [11]
La maggior parte dei Sapienti ritiene che essa sia composta da due metanie (raka‛ât), e che in ognuna di esse – a differenza di quanto avviene normalmente – siano da compiersi due inchini (rukû‘), anziché uno soltanto.
Si riporta che Sayyidatunâ ‘Â’isha (che Allâh ne sia soddisfatto) disse: «Durante la vita del Profeta (ﷺ), il sole si eclissò, egli si recò in moschea e la gente si allineò dietro di lui: egli pronunciò dunque il takbîr [di consacrazione] e lesse d’una lunga lettura, pronunciò il takbîr e s’inchinò d’un lungo inchino, dicendo poi: «Allâh ascolta colui che Lo loda (sami‘a-Llâhu li-man hamida-H)». Si alzò quindi [dall’inchino], ma non si prostrò: lesse d’una lunga lettura, più breve della precedente, pronunciò il takbîr e s’inchinò d’un lungo inchino, più breve del precedente, dicendo poi: «Allâh ascolta colui che Lo loda. Mio Signore, a Te la lode! (sami‘a-Llâhu li-man hamida-H. Rabbanâ wa la-Ka l-hamd)», [alzandosi in posizione eretta] e quindi si prostrò. Fece poi nella metania successiva quanto fatto nella prima, e completò dunque quattro inchini e quattro prosternazioni – e il sole si schiarì prima che lui avesse terminato». [12]
In riferimento a questa narrazione e ad un’altra del tutto analoga, trasmessa da Ibn ‘Abbâs, Ibn ‘Abd al-Barr ha detto: «Si tratta delle due tradizioni più autentiche sull’argomento». Ha detto a questo proposito Ibn al-Qayyim:
La posizione più chiara e preponderante, riguarda alla Sunnah dell’orazione dell’eclissi, è che l’inchino (rukû‘) sia ripetuto [2 volte] in ogni metania (raka‘a) – e ciò è basato sulle narrazioni trasmesse da ‘Â’isha, Ibn ‘Abbâs, Jâbir, ‘Ubay ibn Ka‘b, ‘Abdullâh ibn Amr ibn al-‘Âs e Abû Mûsâ al-Ash‘arî (che Allâh ne sia soddisfatto): tutti loro hanno riportato che il Profeta (ﷺ) ripeté l’inchino nell’ambito di una sola metania, e coloro che menzionano la ripetizione dell’inchino sono più numerosi, più noti e più prossimi all’Inviato di Allâh (ﷺ), rispetto a coloro che non l’hanno menzionata.
Questa è altresì l’opinione di Mâlik, as-Šâfi‘î ed Ahmad, mentre Abû Hanîfah ritiene che l’orazione dell’eclissi, componendosi di due metanie (raka‘ât), sia del tutto simile all’orazione della Festa (salâtu l-‘Îd) ed all’orazione del Venerdì (salâtu l-Jumu‘ah), senza cioè alcuna ripetizione dell’inchino (rukû‘) nell’ambito di una medesima metania. Quest’opinione si baserebbe su un hadîth narrato di an-Nu‘mân Ibn Bashîr e da Qabsah al-Hillâlî, in cui si indica che «l’Inviato di Allâh (ﷺ) eseguì l’orazione dell’eclissi come una delle vostre orazioni [consuete]», cioè in maniera non dissimile da esse. [13]
A questo proposito, l’Imâm al-Bukhârî ha riportato che az-Zuhrî si rivolse ad ‘Urwah dicendo: «Quando un giorno il sole si eclissò sopra al-Madînah, tuo fratello [‘Abdullâh ibn az-Zubayr] non andò oltre le due metanie (raka‘atayn), come nell’orazione dell’alba», compiendole cioè nella maniera consueta, senza raddoppiarvi l’inchino. Rispose ‘Urwah: «Certo, perché ha mancato nei confronti della Sunnah [a questo proposito]». [14]
La recitazione del Capitolo Aprente (as-Sûratu l-Fâtihah) è obbligatoria in ogni metania (raka‘a), e si può recitare qualsiasi cosa si desideri dopo di essa. E’ consentito recitare tanto in maniera percepibile quanto silenziosamente, e l’Imâm al-Bukhârî ha narrato da az-Zuhrî che la recitazione udibile sia da considerarsi più corretta. [15] I Sapienti hanno differito sull’opportunità di recitare il Capitolo Aprente, durante una medesima metania, sia prima sia dopo il primo inchino (rukû‘), cioè in entrambe le recitazioni previste; a questo proposito, Šaykh Sâlih ibn ‘Uthaymîn ha indicato come la ripetizione della sua lettura sarebbe da considerarsi la posizione preferibile. [16]
E’ preferibile celebrare quest’orazione in congregazione (jamâ‘ah), ma è permissibile assolverla anche individualmente, come ogni orazione surerogatoria (nâfilah); vi dovrebbe essere un apposito richiamo, affinché le persone possano esserne informate, da ripetersi tante volte quante fossero necessarie perché le persone ne siano effettivamente avvertite. Fa parte della Sunnah che in seguito l’imâm rivolga ai credenti un’allocuzione (khutbah), in cui li metta in guardia dalla negligenza (ghaflah) e dallo sviamento, invitandoli a rivolgersi ad Allâh (ﷻ) tramite l’invocazione, la richiesta di perdono e le buone opere.
L’orazione dell’eclissi lunare è simile a quella dell’eclissi solare; avrebbe riferito [17] a questo proposito al-Hasan al-Basrî (che Allâh ne sia soddisfatto):
Ci fu un’eclissi lunare, ed Ibn ‘Abbâs – governatore di Bassora – uscì e pregò due metanie (raka‘ât), con due inchini (rukû‘) in ognuna di esse. Montò poi la sua cavalcatura, e disse: «Ho pregato come vidi il Profeta (ﷺ) pregare». [18]
A differenza dell’orazione dell’eclissi solare, quella relativa all’eclissi lunare può tuttavia assumere un carattere di raccomandabilità meno stringente e perentorio: nel madhhab Mâlikî, ad esempio, la prima è assimilabile all’orazione della Festa (salâtu l-‘Îd) ed all’orazione per l’invocazione della pioggia (salâtu l-istisqâ’), mentre la seconda è considerata come delle preghiere surerogatorie più comuni (nawâfil). [19]
Che Allâh (ﷻ) abbia misericordia dei Suoi servi, risparmi loro il Suo castigo e – per la Sua misericordia – li preservi dall’essere tra i noncuranti (ghâfilûn), coloro che non si volgono a Lui pentiti e non vivificano i cuori col Suo ricordo.