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Lettera sulla Moschea di Milano

Brani di questa lettera aperta sono stati pubblicati sul quotidiano cattolico Avvenire e sul settimanale Corriere Sette

Sono ormai trascorsi quasi 25 anni da quando il Cardinal Martini, nel suo discorso “Noi e l’Islam” rivolto alla Chiesa ed alla Città di Milano, metteva in guardia rispetto a «due questioni errate da evitare, ed una posizione corretta da promuovere»: da un lato, la noncuranza e la disinformazione nei confronti dell’Islam e delle comunità musulmane, e dall’altro «lo sforzo serio di conoscenza, la ricerca di strumenti e l’interrogazione di persone competenti». Questo ammonimento suona oggi quantomai urgente, e provvidenzialmente attuale: ad oltre 1700 anni dall’Editto di Milano, la Città di Ambrogio si prepara finalmente all’edificazione di una grande Moschea, luogo di culto della seconda Religione nel mondo e nella città, per numero di aderenti.

In accordo con l’indicazione del Cardinale, da studioso musulmano e da cittadino milanese ritengo che, nell’imminenza di un evento di questa portata – che si può definire a buon diritto “epocale” – sia necessario proporre finalmente un “contributo di conoscenza”, che sia ben lungi dall’alimentare ulteriormente sterili polemiche di partito (quale che sia), e che permetta piuttosto di portare il discorso nel merito della questione: da un lato, sul piano di una comprensione profonda e di un’analisi accurata, per quanto introduttiva, di ciò di cui si sta parlando; e dall’altro, nell’ambito degli aspetti concreti che è necessario prendere in considerazione, per superare l’impasse in cui ci siamo venuti a trovare.

Lo spirito di questo contributo è d’altronde da inquadrarsi alla luce di un chiarimento preliminare e di una prospettiva: la questione della Moschea non andrebbe più intesa, infatti, come una problematica di natura esclusivamente politica e sociale, da dirimere attraverso delicati compromessi, bensì come una grande opportunità di ordine culturale e spirituale. Di più: essa non riguarda soltanto una singola comunità di fede, bensì l’intera Città di Milano, che su di essa decide un pezzo importante del proprio futuro – e che ad essa dovrebbe dunque poter guardare come ad un motivo di speranza e di fiducia per tutta la cittadinanza, se non proprio per il Paese nel suo complesso.

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