Brano tratto dai capitoli iniziali dell’opera «La corona dello sposo, scrigno della disciplina delle anime» (Tâj al-‘Arûs al-Hâwî li-Tahdhîb an-nufûs), dell’Imâm Ibn ‘Atâ’ Allâh.
Disse l’Imâm Tâj ad-Dîn Ibn ‘Atâ’ Allâh as-Sakandarî (رحمه الله):
O servo, chiedi ad Allâh [la grazia di concederti] il pentimento (tawbah) in ogni momento, poiché Allâh ti ha esortato ad esso dicendo (ﷻ): «O credenti, tornate tutti pentiti ad Allâh, affinché possiate avere successo» [1]; e dicendo (ﷻ): «Invero Allâh ama coloro che si pentono frequentemente e ama coloro che si purificano» [2]. E disse il Profeta (ﷻ): «Invero chiedo perdono ad Allâh settanta volte al giorno».
Se desideri pentirti, non lasciare dunque alcun momento della tua vita privo di ponderazione. Rifletti su ciò che hai fatto durante la tua giornata: se vi trovi qualche opera d’obbedienza, ringrazia Allâh per questo, e se vi trovi qualche atto di disobbedienza, rimprovera te stesso per esso e chiedi perdono ad Allâh, volgendoti a Lui pentito.
Non c’è invero alcun momento in cui ti sieda in raccoglimento (majlis) dinanzi ad Allâh che sia più benefico per te di quello in cui tu ti raccolga a biasimare la tua anima (nafs): non rimproverarla mentre sei ridanciano e gioviale, ma rimproverala piuttosto essendo serio e sincero [nella tua riprovazione], compito, dal cuore triste, affranto e remissivo [a cagione dei tuoi peccati]: se farai ciò, Allâh trasformerà la tua condizione dalla tristezza alla gioia, dall’umiliazione alla dignità, dall’oscurità alla luce, e dall’essere velato allo svelamento [dei Suoi benefici].
Si riporta che lo Shaykh Makîn ad-Dîn al-Asmar (Allâh ne abbi misericordia) [3], che era fra i sette Abdâl [4], disse: «All’inizio del mio cammino, ero un sarto e mi guadagnavo da vivere in quel modo: ero solito tenere conto delle mie parole durante il giorno, e quando giungeva la sera esaminavo me stesso [a proposito di quanto profferito durante la giornata]. Le mie parole erano dunque poco numerose: per tutto ciò che vi trovavo di buono, lodavo Allâh e rendevo grazie a Lui; per tutto il resto, tornavo pentito ad Allâh e chiedevo il Suo perdono» – [ed egli persistette] finché divenne uno degli Abdâl.
Sappi che se avessi un tutore [dei tuoi affari] che esaminasse se stesso e verificasse il suo operato, tu non avresti bisogno di esaminarlo, poiché lo farebbe da sé; se fosse invece un tutore che non verifica il suo operato, allora saresti tu a doverlo esaminare, a reclamare i tuoi diritti ed a metterlo alla prova con severità. Alla luce di ciò, la tua opera dovrebbe essere interamente dedicata ad Allâh (ﷻ): non pensare [nemmeno per un istante] che tu faccia qualcosa senza che Allâh (ﷻ) esamini il tuo operato e richieda il Suo diritto.
Se un servo commette un peccato, l’oscurità l’accompagna: la disobbedienza è infatti simile al fuoco, il cui fumo è l’oscurità. Come chi attizzi il fuoco in una casa per settant’anni la troverebbe certamente annerita, così il cuore diviene nero a cagione degli atti di disobbedienza, e non viene purificato se non dal pentimento nei confronti di Allah. Umiliazione, oscurità e velamento [nei confronti di Allah] fanno seguito agli atti di disobbedienza, ma laddove vi sia pentimento, le tracce dei peccati scompaiono. [..]
Colui che realizza il pentimento, ottiene l’amore di Allâh (ﷻ)
La prima delle stazioni (maqâmât) è dunque quella del pentimento, e ciò che lo segue non è accettato se non in virtù di esso.
Il caso del servo che compia un atto di disobbedienza è simile a quello di una pentola nuova sotto la quale venga attizzato il fuoco per un’ora, e così si annerisca: se ci si impegna a lavarla, la si ripulirà dall’annerimento, ma se si tralascia di farlo e si continua a cucinarvi, volta dopo volta, l’annerimento si consoliderà fino a rovinare la pentola, ed allora lavarla non servirà più a nulla. Allo stesso modo, il pentimento è ciò che monda il cuore dall’annerimento e che purifica le opere, cosicché su queste aleggi la fragranza dell’accettazione (qubûl) [da parte di Allâh].
Chiedi dunque ad Allâh (ﷻ) [la grazia di concederti] un pentimento costante, poiché se realizzerai ciò, allora il tuo tempo sarà eccellente, giacché questo è un dono di parte di Allâh (ﷻ), che Egli elargisce a chi vuole tra i Suoi servi: può darsi che l’ottenga un umile servo e non il suo padrone, o una donna e non suo marito, o il giovane e non l’anziano; se dunque hai ottenuto [la grazia di poterti pentire], allora Allâh ti ha amato, come dice (ﷻ): «Invero Allâh ama coloro che si pentono frequentemente e ama coloro che si purificano».
Solo chi conosce il valore di qualcosa, la può desiderare: se distribuissi pietre preziose a delle bestie, [queste non ci presterebbero attenzione, poiché] l’orzo sarebbe preferibile per loro. Guarda dunque a quale dei due gruppi appartieni: se ti penti, sei tra gli amati (al-mahbûbîn), altrimenti sei tra i trasgressori (az-zâlimin). Allâh ha detto (ﷻ): «E chiunque non si penta, costui è tra i trasgressori» [5]. Chiunque si penta, ha vinto, e chiunque non lo faccia, ha perso. Non disperare, e chiediti: “Quanto spesso mi pento, nonostante violi [il mio precedente pentimento, con la mia disobbedienza]?”, poiché una persona malata spera di restare in vita, finché alberga in lui lo spirito.
Quando un servo si pente, la sua dimora in Paradiso gioisce per lui, i cieli e la terra gioiscono per lui, e così il Profeta (ﷻ). Infatti, il Vero (ﷻ) non è soddisfatto che tu sia un amante (muhibb), bensì desidera per te che tu sia un amato (mahbûb): e dove si trova l’amato [nella sua condizione di onore e privilegio], a confronto dell’amante?
[1] Corano, 24:31.
[2] Corano, 2:222.
[3] Lo Shaykh Makîn ad-Dîn al-Asmar era Abû ‘Abdallâh ibn Mansûr as-Sakandarî as-Shâdhilî (Allâh ne abbia misericordia): nacque e crebbe ad Alessandria, dove memorizzò il Corano ed eccelse nelle sue scienze. Fu considerato il maestro di varie letture canoniche (qirâ’ât) del Corano, e molte persone beneficiarono della sua conoscenza. Era noto per i suoi sforzi spirituali (mujâhadât) e per i singolari svelamenti intuitivi (mukâshafât). Morì ad Alessandria nel 692/1293 e fu seppellito vicino ad Abû l-‘Abbâs al-Mursî. (Muhyî d-Dîn at-Tu‘mâ, At-Tabaqât as-Shâdhiliyya al-Kubrâ; Beirut: Dar al-Jil 1416/1996)
[4] Gli Abdâl (pl. di badal, lett. “sostituto”) costituiscono una particolare categoria di uomini spirituali. L’Imâm Ahmad ha narrato nel suo Musnad – con una catena di trasmissione in cui figurano alcuni elementi di debolezza, risultando tuttavia accettabile: «Gli Abdâl in questa nazione (ummah) sono trenta uomini i cui cuori sono in accordo col cuore di Ibrâhîm, l’amico (khalîl) del Misericordioso [il profeta Abramo, sia Pace su di lui, ndt]. Ogniqualvolta un uomo [tra loro] venga a mancare, Allâh (ﷻ) lo sostituisce con un altro.» Al-Hâkim at-Tirmidhî ha un’aggiunta nella sua narrazione, da parte di Sayyidunâ Abû d-Dardâ’ (Allâh ne sia soddisfatto): «Essi non superano le altre persone a cagione del loro profondersi in preghiere, digiuni e glorificazioni (tasbîh) di Allâh (ﷻ), bensì per il loro buon carattere, per la loro sincera scrupolosità, per le buone intenzioni e per la purezza dei cuori. Questi sono il partito di Allâh (hizb Allâh), ed il partito di Allâh sono coloro che hanno successo (al-muflihûn)».
[5] Corano, 49:11.